2011-10-31
L'INPS, con la Circolare n. 139 del 27 ottobre 2011, fornisce importanti chiarimenti in relazione al D.Lgs n. 119 del 18 luglio 2011 emanato in attuazione dell'articolo 23 della Legge n. 183 del 4 novembre 2010 recante "Delega al Governo per il riordino della normativa in materia di congedi, aspettative e permessi".
In particolare, l'Istituto si pronuncia in merito
- all'articolo 2 del D.Lgs n. 119/2011 che, integrando l'articolo 16 del D.Lgs n. 151/2001 in materia di divieto di adibire al lavoro le donne, dispone che "Nel caso di interruzione spontanea o terapeutica della gravidanza successiva al 180° giorno dall'inizio della gestazione, nonché in caso di decesso del bambino alla nascita o durante il congedo di maternità, le lavoratrici hanno facoltà di riprendere in qualunque momento l'attività lavorativa, con un preavviso di dieci giorni al datore di lavoro, a condizione che il medico specialista del Servizio sanitario nazionale o con esso convenzionato e il medico competente ai fini della prevenzione e tutela della salute nei luoghi di lavoro attestino che tale opzione non arrechi pregiudizio alla loro salute."
- all'articolo 8 del D.Lgs n. 119/2011 che, riformulando l'articolo 45 del D.Lgs. 151/2001 in materia di adozioni e affidamenti, stabilisce che: "Le disposizioni in materia di riposi (allattamento) si applicano anche in caso di adozione e di affidamento entro il primo anno dall'ingresso del minore nella famiglia."
Si illustrano di seguito le indicazioni fornite dall'INPS.
IPOTESI DI INTERRUZIONE DEL CONGEDO DI MATERNITÀ POST PARTUM
L'articolo 16 del D.Lgs n. 151/2001 sancisce il divieto del datore di lavoro di adibire al lavoro le lavoratrici in avanzato stato di gravidanza nonché durante il periodo di puerperio. Qualora la lavoratrice, anche con il proprio consenso, prestasse attività di lavoro nei predetti periodi di congedo, il datore di lavoro incorrerebbe nella sanzione prevista nell'arresto fino a sei mesi.
L'articolo 2 del D.Lgs n. 119/2011 ha aggiunto all'articolo 16 sopra citato il comma 1‐bis, riconoscendo la possibilità per la lavoratrice di riprendere, in presenza di particolari eventi e a determinate condizioni, l'attività lavorativa, rinunciando in tutto o in parte al congedo di maternità post partum.
Gli eventi in questione sono:
• l'interruzione spontanea o terapeutica della gravidanza successiva al 180° giorno
dall'inizio della gestazione;
L'INPS precisa che la facoltà di riprendere l'attività lavorativa è riconoscibile anche in caso di interruzione della gravidanza verificatasi in coincidenza del 180° giorno.
• il decesso del bambino alla nascita ovvero durante il congedo di maternità.
La facoltà di riprendere l'attività lavorativa, rinunciando in tutto o in parte al congedo di maternità post partum, è esercitabile a condizione che:
• il ginecologo del SSN oppure con esso convenzionato e
• il medico competente ai fini della prevenzione e tutela della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro, attestino che la ripresa dell'attività non arrechi pregiudizio alla salute della lavoratrice interessata.
La norma prevede che la lavoratrice che opta per la ripresa dell'attività lavorativa, interrompendo il congedo di maternità post partum, sia tenuta a dare un preavviso di 10 giorni al datore di lavoro.
Le conseguenze della ripresa dell'attività lavorativa
La ripresa dell'attività lavorativa da parte della lavoratrice, con conseguente rinuncia in tutto o in parte al congedo di maternità post partum, comporta il venir meno del diritto, per la stessa, all'indennità di maternità a decorrere dalla data della ripresa della predetta attività.
Pertanto, i datori di lavoro, tenuti all'anticipazione dell'indennità di maternità per conto dell'INPS, potranno conguagliare le somme anticipate a tale titolo fino al giorno precedente alla data di rientro al lavoro.
La documentazione richiesta
La lavoratrice che intende riprendere l'attività lavorativa nei casi prospettati è tenuta a comunicare all'INPS l'evento che ha reso possibile l'esercizio di tale opzione nonché la data in cui è avvenuta la ripresa dell'attività lavorativa.
In particolare:
• in caso di interruzione di gravidanza, la lavoratrice produrrà all'Istituto, il certificato medico di gravidanza indicante la data presunta del parto e la certificazione sanitaria attestante la data in cui si è verificata l'interruzione di gravidanza;
• in caso di decesso del bambino verificatosi al momento del parto oppure durante il periodo di congedo post partum, la lavoratrice presenterà all'INPS il certificato di morte del bambino oppure, in alternativa, dichiarazione sostitutiva di certificazione ai sensi dell'articolo 46 del DPR n. 445/2000.
La data di ripresa dell'attività è, invece, comprovata dalla lavoratrice mediante dichiarazione sostitutiva di fatto notorio ai sensi dell'articolo 47 del DPR n. 445/2000.
In particolare l'interessata è tenuta a dichiarare sotto la propria responsabilità:
• di aver presentato al datore di lavoro le specifiche attestazioni mediche, nelle quali è dichiarato che le proprie condizioni di salute sono compatibili con la ripresa del lavoro;
• la data di ripresa dell'attività lavorativa.
Le istruzioni fornite dall'Istituto trovano applicazione anche nei confronti delle lavoratrici iscritte alla Gestione Separata INPS.
RIPOSI GIORNALIERI PER ALLATTAMENTO IN CASO DI ADOZIONE O AFFIDAMENTO
L'articolo 8 del D.Lgs n. 139/2011, modificando il comma 1 dell'articolo 45 del D.Lgs n. 151/2001, dispone che i riposi giornalieri per allattamento, in caso di adozione o affidamento, sono fruibili entro il primo anno dall'ingresso del minore nella famiglia anziché entro un anno di vita del bambino come previsto nella formulazione precedente.
A tale riguardo, l'INPS sottolinea che la modifica normativa in oggetto conferma quanto già disposto con la sentenza della Corte Costituzionale n. 104 del 9 aprile 2003.
La Corte costituzionale, infatti, con la citata sentenza, ha dichiarato costituzionalmente illegittimo l'articolo 45 del D.Lgs n. 151/2001 nella parte in cui prevedeva che i riposi giornalieri per allattamento si applicassero, anche in caso di adozione e di affidamento, entro il primo anno di vita del bambino anziché entro il primo anno dall'ingresso del minore nella famiglia.
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