Circolare dell'Agenzia delle Entrate n. 33/E dell'8 novembre 2013.
Con la Circolare n. 33/E dell'8 novembre 2013, l'Agenzia delle Entrate ha fornito importanti chiarimenti in merito alla gestione delle controversie nelle quali siano in discussione rilievi fondati sulla indeducibilità, per competenza, degli accantonamenti ai fondi per indennità suppletiva di clientela, spettante, ai sensi dell'art. 1751 del codice civile, agli agenti di commercio in occasione della cessazione del rapporto di lavoro.
In particolare, l'Amministrazione finanziaria ha precisato che gli accantonamenti per indennità di cessazione del rapporto di agenzia sono deducibili per competenza dal reddito d'impresa in tutte le sue componenti, in applicazione del citato art. 1751 del codice civile, nella formulazione in vigore dal 1° gennaio 1993. Pertanto, anche gli accantonamenti per indennità suppletiva di clientela, in quanto ricompresa tra le indennità per la cessione di rapporti di agenzia, cui fa riferimento l'art. 17 del Tuir, devono ritenersi deducibili per competenza.
L'Agenzia delle Entrate - giunta a tale interpretazione alla luce della posizione consolidata della Corte di Cassazione, degli orientamenti di prassi e del parere dell'Avvocatura Generale di Stato – con il documenti di prassi in esame, invita, quindi, gli uffici territoriali a riesaminare le controversie pendenti in materia e ad abbandonare la pretesa tributaria se non conforme al nuovo indirizzo interpretativo, sempre che non siano sostenibili altre questioni.
Le istruzioni in senso contrario, fornite con la precedente Circolare n. 42 del 6 luglio 2007, restano valide, esclusivamente, per le controversie sugli accantonamenti al fondo indennità suppletiva di clientela, spettante agli agenti di commercio in occasione della cessazione del rapporto di lavoro, effettuati in periodi di imposta anteriori alla data di entrata in vigore della modifica del citato articolo 1751 periodi d'imposta anteriori al 1° gennaio 1993).
Al riguardo, ricordiamo che l'art. 105, comma 1, del Tuir consente la deduzione dal reddito d'impresa degli "accantonamenti ai fondi per le indennità di fine rapporto e ai fondi di previdenza del personale dipendente (…) nei limiti delle quote maturate in conformità alle disposizioni legislative e contrattuali che regolamentano il rapporto di lavoro (…)"; il successivo comma 4 del medesimo articolo estende la possibilità di operare accantonamenti anche in relazione "alle indennità di fine rapporto di cui all'articolo 17, comma 1, lettere c), d) e f)", tra le quali rientra [lettera d)] anche la "indennità per la cessazione del rapporto di agenzia", la cui disciplina civilistica è prevista dall'art. 1751 del codice civile, il quale è stato oggetto di rilevanti modifiche a decorrere dal 1° gennaio 1993.
Nella vigenza della vecchia formulazione di tale ultima norma, la Corte di Cassazione - dopo essersi pronunciata per la deducibilità degli accantonamenti per indennità suppletiva di clientela – ha, successivamente, mutato orientamento, affermando che "l'indennità in questione - in quanto connotata, per la disciplina collettiva che la regola, dall'incertezza dell'obbligo del preponente alla sua corresponsione - costituisce, in pendenza del rapporto di agenzia, un costo meramente eventuale sia nell'an che nel quantum e, come tale, (non accantonabile fiscalmente e, quindi) non deducibile dal reddito d'impresa, manifestando, invece, la qualità di componente negativo deducibile solo nell'esercizio in cui venga concretamente corrisposta." (Sentenza del 16 maggio 2003, n. 7690).
A decorrere dal 1° gennaio 1993, invece, l'indennità di fine rapporto spettante agli agenti di commercio è disciplinata in modo unitario dal citato art. 1751 del codice civile (in pratica, non esiste più la distinzione prevista dalla contrattazione collettiva tra "indennità di risoluzione del rapporto", "indennità suppletiva di clientela" e "indennità meritocratica"), e senza più alcun riferimento ad altre fonti. Attualmente, pertanto, ai sensi dell'art. 105 del Tuir, gli accantonamenti per "indennità per la cessazione di rapporti di agenzia" sono deducibili.
La Corte di Cassazione, chiamata a pronunciarsi di nuovo sulla questione "indennità suppletiva di clientela", alla luce della predetta modifica della norma civilistica, ha espresso una diversa posizione, ribadita in più di una circostanza (tra le tante, si ricorda la recente sentenza del 4 aprile 2013, n. 8288, con cui i giudici di legittimità hanno affermato che "La giurisprudenza di questa Corte, in effetti, è oramai giunta a ritenere, sul presupposto della ‘unificazione', da parte dell'art. 1751 c.c., riformato, di tutte le indennità di cessazione rapporto - e al di là del carattere eventuale dell'indennità di clientela, questa soltanto dovuta in caso di scioglimento del contratto a tempo indeterminato ad iniziativa del preponente per fatto non imputabile all'agente - che anche la ridetta convenzionale indennità suppletiva di clientela rientri nella previsione del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 70, applicabile ratione temporis (trasfuso nel vigente articolo 105 del Tuir), che prevedeva la deducibilità delle indennità inerenti la cessazione del rapporto d'agenzia nei limiti delle quote maturate nell'esercizio."). Pertanto, secondo i giudici di legittimità, la deducibilità degli accantonamenti non può più essere negata in relazione "al carattere aleatorio dell'indennità" o sulla base dell'insussistenza dei requisiti di certezza e determinabilità stabiliti dall'art. 109 del Tuir.
In merito alla deducibilità dal reddito d'impresa della casa mandante degli accantonamenti per indennità di cessazione del rapporto di agenzia, secondo il vigente art. 1751 del codice civile, l'Agenzia delle Entrate, dopo essersi pronunciata favorevolmente con la Risoluzione n. 59/E del 9 aprile 2004, aveva successivamente cambiato posizione con la citata Circolare n. 42 del 2007, in considerazione dell'indirizzo espresso dalla Cassazione (la ricordata sentenza n. 7690 del 2003 e altre successive).
Nel documento di prassi in esame, invece, viene chiarito che le indicazioni fornite con la Circolare n. 42 del 2007, restano valide, esclusivamente, per le controversie riguardanti accantonamenti effettuati in periodi di imposta anteriori alla data di entrata in vigore della modifica dell'art. 1751 del codice civile (1° gennaio 1993), in riferimento alle quali è ancora sostenibile la linea interpretativa secondo cui l'indennità suppletiva di clientela - essendo incerto l'obbligo del preponente alla sua corresponsione - costituisce un costo meramente eventuale sia nell'an che nel quantum e, come tale, non deducibile per competenza dal reddito dìimpresa; manifesta la qualità di componente negativo deducibile solo nell'esercizio in cui viene eventualmente corrisposta.
Al contrario, per le vertenze relative a fattispecie disciplinate dall'attuale formulazione del citato art. 1751 del codice civile - considerata il consolidato indirizzo della Corte di Cassazione – l'Amministrazione finanziaria condivide la tesi favorevole alla deducibilità per competenza dell'accantonamento per indennità di cessazione del rapporto di agenzia in tutte le sue componenti. Pertanto, anche gli accantonamenti per l'indennità suppletiva di clientela effettuati dal 1° gennaio 1993 sono deducibili, in quanto tale voce è compresa tra le indennità per la cessazione di rapporti di agenzia, cui fa riferimento l'art. 17, comma 1, lettera d), del Tuir.