Con Risoluzione 264073 del 31 dicembre 2012, il Ministero dello Sviluppo economico si pronuncia sull’attività commerciale dell’imprenditore agricolo, fornendo un’ interpretazione delle norme riguardanti la possibilità di vendita di prodotti diversi, prevista dall’art. 4 dlgs 228/2001 e dall’art. 2135 codice civile.
Il quesito è posto da una società che pone in vendita prodotti florovivaistici, non solo di propria produzione ma anche provenienti da altre aziende agricole, nonché prodotti agricoli e articoli da giardino, connessi all’attività agricola.
L’impresa chiede, in particolare, di sapere se gli articoli connessi all’attività agricola quali ad esempio: oggettistica, decorazioni, mobili e attrezzature da giardino in legno, vetro, ceramica e altre materie prime naturali, possono essere commercializzati pur non rappresentando attività strettamente connesse alla manipolazione, conservazione valorizzazione trasformazione, commercializzazione di prodotti agricoli, ma utilizzati unicamente allo scopo di valorizzazione dell’impresa agricola stessa.
Il Mise, richiama in prima battuta i contenuti dell’articolo 4 del d.lgs 228 2001, che consente ai produttori agricoli la vendita di prodotti non provenienti dai propri fondi, (anche se sottoposti ad un ciclo industriale di trasformazione), fatto l’obbligo di rispettare il criterio della prevalenza delle proprie produzioni rispetto al reddito complessivo, nonché quello dei ricavi che per detti prodotti non provenienti dalle rispettive aziende non può superare il valore massimo di 160 mila euro per gli imprenditori individuali e 4 milioni di euro per le società.
La suddetta previsione viene poi interpretata alla luce dell’articolo 2135 del Codice Civile che definisce imprenditore agricolo: “ chi esercita una delle seguenti attività: coltivazione del fondo, selvicoltura, allevamento di animali e attività connesse.
Per coltivazione del fondo, per selvicoltura e per allevamento di animali si intendono le attività dirette alla cura e allo sviluppo di un ciclo biologico o di una fase necessaria del ciclo stesso, di carattere vegetale o animale, che utilizzano o possono utilizzare il fondo, il bosco o le acque dolci, salmastre o marine.
Si intendono comunque connesse le attività, esercitate dal medesimo imprenditore agricolo, dirette alla manipolazione, conservazione, trasformazione, commercializzazione e valorizzazione che abbiano ad oggetto prodotti ottenuti prevalentemente dalla coltivazione del fondo o del bosco o dall'allevamento di animali, nonché le attività dirette alla fornitura di beni o servizi mediante l'utilizzazione prevalente di attrezzature o risorse dell'azienda normalmente impiegate nell'attività agricola esercitata, ivi comprese le attività di valorizzazione del territorio e del patrimonio rurale e forestale, ovvero di ricezione ed ospitalità come definite dalla legge”
Sulla base della combinazione tra le due norme citate, il Mise, conclude che le “attività connesse all’attività agricola ” sono quelle esercitate dal medesimo imprenditore, e dirette alla manipolazione, trasformazione, commercializzazione e valorizzazione che abbiano ad oggetto prodotti ottenuti prevalentemente dalla coltivazione del fondo o del bosco.
Pertanto può essere consentita soltanto la vendita di quei prodotti (mobili, oggetti artigianali etc) i cui materiali di composizione sono stati ottenuti dall’utilizzazione diretta di risorse proprie dell’azienda agricola, mentre non è consentita agli imprenditori agricoli la vendita di qualsiasi altro oggetto o manufatto che non provenga da materie prime tratte dal fondo (nel caso di specie la vendita di mobili in legno, oggetti di carta, vetro o ceramica).